Falsi d’autore è italian sounding anche il vino toscano è copiato all’estero

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C’è il vino Chianti taroccato, la Salsa pomarola venduta in Argentina, la Zottarella prodotta in Germania, gli Spagheroni che si possono trovare sugli scaffali dei supermercati olandesi e, persino, il Caccio cavalo brasiliano. La scelta è molto ampia, visto che “La tavola degli inganni” continua – . Perlomeno sei prodotti alimentari italiani su 10 tra quelli in vendita sul mercato internazionale sono risultati dell’agropirateria che sul falso Made in Italy fattura miliardi di euro nel mondo.

Si tratta del cosiddetto Italian sounding: fenomeno che consiste nell’utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evocano l’Italia in prodotti che però di Made in Italy non hanno proprio nulla a che vedere. Una pratica che colpisce soprattutto i formaggi (con in testa alla classifica il Parmigiano Reggiano, il Grana Padano, la mozzarella, il provolone, il gorgonzola, il pecorino romano e persino toscano e la fontina) e i salumi più prestigiosi come il prosciutto San Daniele e la mortadella con prodotti di salumeria toscani. Situazione intollerabile che non risparmia neanche l’olio extravergine di oliva, le conserve, i prodotti ortofrutticoli (come il pomodoro San Marzano) e la pasta di grano duro.

La maggior parte delle imitazioni si concentra dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Stati Uniti – in testa alla classifica – e Sud America sono infatti tra i Paesi che più di tutti producono e commercializzano falsi Made in Italy. Ma si tratta di una pratica diffusa anche in Australia, Canada, Sud America, Thailandia, Corea, Russia e, persino, tra i Paesi dell’Unione Europea. Sono stati rilevati dalle organizzazioni agroalimentari parecchi prodotti contraffatti anche in Germania, Paesi Bassi, Croazia, Ungheria, Spagna e Romania, nonostante la protezione comunitaria dei prodotti italiani Dop e Igp.

Rispetto a qualche anno fa chi realizza prodotti contraffatti sembra non preoccuparsi più di mascherare la frode imitando il più possibile il nome originale del prodotto.

Così, a fianco agli “spaghetti napoletana” scovati in Belgio, c’è chi ha trovato anche gli Chapagetti venduti in Corea. Mentre oltre alla “Una grande mozzarrella” prodotta in Russia, si stanno diffondendo anche le mozzarelle di Murrah bufala realizzate in Thailandia.

In generale però, i nomi dei prodotti contraffatti continuano a decantare improbabili origini italiane come la “Mortadela siciliana” prodotta in Canada o il “Dobro Salama Napoli” realizzato in Croazia.

Nemmeno il vino è immune dal fenomeno della contraffazione. Secondo Coldiretti, negli Usa si troverebbero infatti falsi Chianti e “Tuscan moon”. Mentre il Barbera e il Prosecco sarebbero tra i vini più imitati rispettivamente in Romania e in Russia. Peccato però che il famoso Barbera italiano Made in Romania sia un vino bianco e non rosso, come l’originale.

A far preoccupare è anche un’altra novità rilevata dalla ricerca: la crescente diffusione di kit – acquistabili su internet – per realizzare in casa formaggi, vini e salumi italiani contraffatti.

Quello dell’Italian sounding è un problema dal peso economico non trascurabile.

Oltre a danneggiare i consumatori finali, i prodotti italiani contraffatti, togliendo spazio al Made in Italy, farebbero perdere secondo posti di lavoro e toglierebbero al nostro Paese miliardi di euro di guadagni. È questo, infatti, il valore che l’agropirateria che sfrutta il falso Made in Italy riesce a fatturare nel mondo.

Tutto ciò pesa non solo sulle casse delle aziende italiane ma anche sulla fiducia dei consumatori che, per il timore di frodi, rischiano di allontanarsi dalle eccellenze enogastronomiche italiane. I nomi farlocchi e fasulli sono imperanti all’estero. Solo il Cile per favorire i propri prodotti applica un bollino nero. Ma tornando a chi commette più Falsi d’autore agroalimentari, sembra essere la Cina inserita in un giro commerciale dove la bassa manodopera conta davvero parecchio anche nel produrre marchi doc.

A cura redazione ArgaToscana


Fonti: Repubblica, Coldiretti, il Venerdì

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