Le zuppe suonano la carica, in auge quelle fresche casalinghe, ma anche quelle già preparate

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In Italia e anche in Toscana il mercato delle zuppe fresche ha un discreto fatturato che supera i 190 milioni di Euro con una crescita di oltre venti milioni di Euro nell’ultimo anno e queste preparazioni rappresentano più della metà dei primi piatti pronti all’interno dei punti di vendita della distribuzione moderna italiana.

Ne sono coinvolti anche i consumatori toscani.

Narra la Bibbia: Esaù vende la sua progenitura per una zuppa di lenticchie, le zuppe sono il cibo dei laboratori medievali, nel Rinascimento le zuppe accolgono i nuovi cibi americani come i fagioli e le patate, Francesco I di Francia fatto prigioniero a Pavia e da una contadina è rifocillato con una zuppa che diviene celebre come zuppa alla pavese, nell’Ottocento nella pasticceria italiana infine non manca la zuppa inglese.

Infinite sono le zuppe nella cucina contadina che la donna di casa prepara raccogliendo dall’orto, dai campi e dalle boscaglie ogni tipo di verdure, quindi un piatto stagionale e a chilometro zero come la ribollita toscana, il cui nome deriva dal fatto che le contadine toscane ne cucinano una gran quantità, soprattutto il venerdì essendo piatto magro, che poi è ribollito in padella nei giorni successivi o, come avviene in altre regioni, è trasformato in polpette vegetali fritte nello strutto.

Nel corso dei tempi, la cucina popolare toscana inventa ogni sorta di zuppe di verdure e legumi e diverse qualità di ortaggi dando origine alle zuppe alla certosina, contadina o alla paesana, di fagioli, piselli, fave, ceci, lenticchie ecc. e nei paesi di mare non mancano zuppe con aggiunta di vongole, alla marinara o di pesce che nelle varie regioni hanno i nomi di boiabessa, brodetto, cacciucco ecc. Zuppe non mancano in altri paesi mediterranei (sopa in spagnolo, soupe in francese, suppe in tedesco) o la ratatouille francese e sono presenti nei paesi asiatici. Tutte le zuppe sono mangiate in una ciotola o in tazza usando il cucchiaio e nel passato hanno dato origine a proverbî popolari come quello che “chi vuol far l’altrui mestiere fa la zuppa nel paniere”.

Nella grande famiglie delle zuppe, odiernamente si tende a distinguere i minestroni e le vellutate, il primo per un maggiore numero di verdure, le seconde sono passati di verdura dalla consistenza cremosa, inoltre le zuppe a base di verdura sono consistenti, non contengono pasta e sono anche accompagnate con fette di pane, mentre le minestre sono più liquide, hanno più brodo e comprendono anche pasta o cereali.

Le zuppe della cucina popolare tradizionale da mangiare in una tazza o ciotola sembravano scomparse ma da una decina di anni sono in forte ripresa anche per merito delle zuppe fresche diverse dal minestrone in lattina, che hanno una scadenza ravvicinata, vanno conservate in frigorifero, sono costituite da ingredienti semplici, hanno un trattamento termico e sono spesso proposte anche in versione biologica.

Questi incrementi di consumo sono dovuti una diversificata varietà di condizioni: da una parte sono particolarmente gradite dalle persone anziane e da un’altra parte la diversità di composizioni e gusti, per cui non si può dire che “è la solita zuppa”, conquista nuovi consumatori di ogni età, anche i giovani che non conoscevano le zuppe e la loro presentazione in tazze o ciotole.

a cura redazione Arga Toscana

Fonte: Accademia dei Gergofili -G. Ballarini-

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