Vino senza alcol e con l’aggiunta di acqua, la guerra dei viticoltori l’allarme in Toscana

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Viticoltori italiani sul piede di guerra, e di conseguenza brividi anche in Toscana; temono che la nuova Pac, la Politica agricola comune che entrerà in vigore da gennaio 2023 (l’attuale è infatti prorogata alla fine del 2022), apra ai vini parzialmente senza alcol anche tra quelli Dop e Igp. È in corso il negoziato tra Consiglio e Parlamento europeo. Il 25 e 26 maggio ci sarà un altro incontro tra i negoziatori, che avrà però sul tavolo tutti i dossier riguardanti la nuova politica agricola. Nel Comitato speciale agricoltura di aprile, che riunisce i ministeri degli Stati membri, è stato portato l’accordo raggiunto dal trilogo (Commissione, Parlamento e Consiglio) del 26 marzo scorso che apre alla pratica di eliminazione parziale o totale dell’alcol nel vino da tavola e parziale nelle produzioni Dop e Igp. Nel testo sulla dealcolazione, denuncia Coldiretti, è stata prevista anche l’aggiunta di acqua per ripristinare il volume iniziale di liquido che si perde con il processo per togliere l’alcol. «Il vino senza alcol non può essere chiamato vino», spiega l’eurodeputato Paolo De Castro (Pd), punto di riferimento a Bruxelles delle imprese agroalimentari italiane, che aggiunge: «Il Parlamento Ue ha aperto alla dealcolazione per i vini da tavola ma non era a favore per i Dop e Igp».

La proposta ha trovato il sostegno di numerosi Stati membri perché, come spiega De Castro, ha in sé anche «un’opportunità: la possibilità di crescere ad esempio nel mercato dei Paesi Arabi. Non andiamo a togliere nulla a quanto esiste già, creando un’enorme possibilità in quei mercati che non consumano bevande alcoliche. Si pensi alla birra analcolica». Il rischio è di avere un Barolo o un Brunello annacquato e senza alcol? A fare chiarezza è Bernard Farges presidente della Federazione europea dei vini a denominazione di origine, Efow: « È importante ricordare che la denominazione deve e può mantenere il controllo delle sue specifiche». In pratica è il consorzio che attribuisce l’etichetta Dop o Igp a stabilire le regole e non la Ue. Inoltre c’è sempre lo spazio della normativa nazionale: Italia e Spagna, ad esempio, non consentono che lo zucchero sia usato per aumentare la gradazione alcolica del vino, pratica invece ammessa in altri Paesi Ue.

La Coldiretti è molto critica: «In questo modo viene permesso ancora di chiamare vino, un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Un inganno legalizzato per i consumatori che si ritrovano a pagare l’acqua come il vino». Per il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, è anche una questione di identità: «L’introduzione della dealcolazione parziale e totale come nuove pratiche enologiche rappresenta un grosso rischio ed un precedente pericolosissimo e che metterebbe fortemente a rischio l’identità del vino italiano e europeo, anche perché la definizione naturale e legale del vino vigente in Europa prevede il divieto di aggiungere acqua». I timori sono anche nei confronti di un possibile impatto sull’export agroalimentare nazionale: il vino da solo complessivamente sviluppa un fatturato di oltre 11 miliardi in Italia e all’estero.

a cura redazione Arga Toscana

fonte: Corriere della Sera

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