Extravergine, l’olio toscano è garantito dal marchio e dall’etichetta con codice

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Se andate in qualsiasi supermercato, negli scaffali dell’olio troverete attraenti confezioni in bottiglia (o in lattina) di olio extravergine d’oliva con etichette altisonanti, anche famose, e indirizzi di tutto rispetto. Per esempio, se vi trovate scritto “imbottigliato” o a volte anche “prodotto” in qualche località della Toscana, venite subito presi dalla voglia di acquistarlo, sollecitati anche dalla vorticosa attività  delle vostre sinapsi, che vi ricordano il sapore dei fagioli di Sorana al fiasco o il pinzimonio con piccanti ravanelli e croccanti costole di sedano. O la mitica fettunta insaporita con una più o meno leggera strofinatina d’aglio.

In questi casi, la prima cosa che fa la massaia, sempre in guerra col fondo  della sua scarsella, va a leggere il prezzo. E lì, spesso, capita il primo errore. Acquistare olio extravergine d’oliva italiano (figuriamoci poi se toscano) a prezzi inferiori agli 8-10 euro al chilo è di per sè una fregatura. Quest’anno, annata di produzione media ma di ottima qualità, in frantoio, l’olio di prima spremitura, di un pastoso verde intenso che sgorga come per magia dalla fonte di Atena, non si trova a meno di 12, 14, anche 16 euro al chilo.

Dopo l’ennesima truffa denunciata dal procuratore di Torino Guariniello, che ha coinvolto anche nomi famosi, storici, dell’olio, tutti sono corsi ai ripari cercando di scoprire come non cadere nella trappola. L’ha spiegato con mirabile sintesi l’altro giorno al TG Toscano Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio Olio Toscano IGP.

Prima cosa, appunto, il prezzo. Poi, leggere bene l’etichetta, soprattutto nel retro, cercando di individuare eventuali termini ingannevoli, l’origine delle olive e dove viene prodotto l’olio. Infine la tipicità. L’extravergine puo’ essere di tipo ordinario, indistinto, oppure prodotto con olive di provenienza europea, oppure a denominazione di origine DOP e IGP.

In Toscana per esempio vengono prodotti e garantiti dal marchio e dall’etichetta con un codice, quattro DOP (Denominazione di Origine Protetta) e una IGP (Indicazione Geografica Protetta). Per l’IGP, attraverso il codice che sigilla ciascuna bottiglia, via internet si può risalire al percorso che l’oro verde contenuto nella confezione ha fatto per raggiungere la tavola. Dall’oliveto, al frantoio, all’imbottigliatore. Tutela, qualità e origine sono così garantiti.

Spesso, quando non ci sono bollini di garanzia, fa gioco il Sound a cui il prodotto si collega.Il Tuscan Sound, tanto per citarne uno fra i più famosi,  attrae molto di più di un Sound (marchio e località dove viene imbottigliato) spagnolo, o pugliese.  Ma così è, tant’è vero che multinazionali spagnole o americane hanno da tempo comprato diversi grandi marchi dell’olio, dai cui stabilimenti commercializzano, con la compiacenza dell’Unione Europea, olii provenienti dalle più disparate direzioni del Mediterraneo.

Importanti, per l’extravergine di qualità superiore, sono le cultivar  da cui viene estratto. Le cinque principali varietà toscane, nate e allevate a Pescia (Pt), sono considerate internazionali, in quanto per la loro bontà sono state diffuse in tutto il mondo, dalle sponde del mediterraneo alle americhe, all’Australia, alla Cina e al Giappone. Se poi, oltre al gusto di qualità superiore, si vuole ancora qualcosa in più, anche qui recenti ricerche (Servili-CNR Perugia e altri) ci dicono che alcune cultivar (in particolare: frantoio, leccino, coratina) offrono livelli di elementi antiossidanti e salutistici (polifenoli e tocoferoli soprattutto) di tutto rispetto, che fanno dell’olio extravergine di qualità superiore anche un toccasana per la nostra salute. Come si diceva una volta: un cucchiaio d’olio al giorno tiene lontano il dottore. Esperienza riproposta da qualche anno da una nota azienda fiesolana che in collaborazione con l’Università di Firenze ha messo in produzione un extravergine biologico denominato “Salutaris“, IGP, ovviamente. Che è tutto dire.

Insomma, spesso rimane truffato chi vuole farsi truffare. Sull’olio extravergine di oliva si sono scritti fiumi d’inchiostro, anche da parte di mani giudiziarie. A più riprese, le truffe più eclatanti sono finite anche sulle pagine di media di caratura mondiale.

Un paio d’anni fa fece scalpore il reportage di Tom Muller sul New York Times. Tom Muller ripropose in un libro molto gettonato la sua inchiesta sull’olio d’oliva prodotto in tutto il mondo. Ne venne fuori che oggi è certamente importante la competenza e l’onestà dei produttori, ma anche che più si va avanti nella ricerca e più è possibile affinare protocolli, disciplinari, certificazioni, per offrire sempre maggiori garanzie al consumatore. Cosa che, per vicende abbastanza note, trova ancora ostacoli non solo nella scarsa attenzione dell’acquirente, ma anche nelle ritrosa propensione delle autorità che dovrebbero sovrintendere alle garanzie.

Sull’olio d’oliva, vanto delle eccellenze italiane, per esempio, a Bruxelles fanno orecchie da mercante e continuano a penalizzare la nostra qualità a vantaggio di chi persegue pervicacemente l’arte del tarocco.

Buona degustazione.

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di Giuliano Incerpi

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